Wellness Training

Il termine "wellness" in inglese significa benessere. Il termine "training" ad esso abbinato si riferisce ad una disciplina psico-motoria connessa ad una filosofia di vita che mette il benessere della persona al centro dell'attenzione.

Wellness Training articola la sua proposta tenendo conto che in ciascuno di noi interagiscono diversi fattori a livello biologico (ad esempio alimentazione), a livello sociale (isolamento, mancanza di supporto), a livello psicologico (modelli psicologici, separazioni, perdite, lutti, errati stili di attribuzione, problemi relazionali), nel determinare lo stile di vita (ad esempio carenze o eccessi nutrizionali oppure scarsità di esercizio fisico). Nella proposta di Wellness Training sono inoltre operanti varie forme di comunicazione: a livello della percezione spaziale, a livello cenestesico e cinestesico, a livello musicale-ritmico, attivando nel partecipante ad una sessione l’auto-osservazione nonché la relazione interpersonale. Il training si rivolge integralmente a quello spettro di facoltà mentali che H. Gardner ha chiamato intelligenza multipla: una concezione poliedrica dell'intelligenza che offre una visione più armonica delle modalità del funzionamento cognitivo. Inoltre il lavoro metodico e integrato sulla consapevolezza interiore e motoria, sullo stato di coscienza derivante dalla percezione corporea, sull'emozione e la creatività, tende a far emergere una nuova percezione orientata alla integrazione e all'autorealizzazione. Nell'ambito della sessione avviene una esplorazione-costruzione di modalità diverse non solo di pensare, percepire, muoversi ma anche di interagire; le normali regole che orientano le interazioni sociali e comunicative vengono ridefinite. Il rimodellamento della sfera esperienziale investe, oltre al corpo, la mente, le relazioni o meglio gli "schemi di relazione interpersonale". La trasformazione degli "schemi interpersonali" porta a una estensione di questo nuovo modello di interazione anche fuori dalla sessione, nella vita quotidiana; in questo senso la pratica di Wellness Training può divenire anche una pratica di vita quando si crea una comunità che condivide un progetto di autosviluppo. Il setting della sessione si caratterizza in quanto in esso si persegue un cambiamento. Possiamo intendere il cambiamento in due modi: come "cura", modificazione di uno stato di disequilibrio in uno stato più adattivo (attraverso una maggiore integrazione a livello personale); o come "trasformazione della coscienza" (espansione della coscienza). Inoltre la persona, col lavoro costante, acquista la padronanza dei propri mezzi psichici e fisici con i quali può consentire alle barriere di cadere. Wellness Training si colloca nell'espressione articolata e completa della persona in sintonia con il modello bio-psico-sociale: sulla base di questo modello ogni espressione umana è vista come frutto di una serie di interazioni a livello cellulare, organico, interpersonale ed ambientale. In quest'ottica, il modo più efficace per intervenire diventa quello di prendere in considerazione l'individuo, il suo corpo ed il suo ambiente circostante come componenti di un unico sistema.Oltre a ciò, Wellness Training sottolinea che ogni individuo è differente dall'altro e, quindi la proposta è sempre modulata a seconda dei contesti e della personalità dei singoli. Il benessere è raggiunto nel momento in cui tutta una serie di fattori emotivo-comportamentali interagiscono fra loro in modo armonioso: auto-accettazione, relazioni positive con gli altri, autonomia, padronanza del proprio ambiente di vita, scopi nella vita, crescita personale. Raggiungere questa condizione consente di far fronte allo stress con maggiore tranquillità e consapevolezza, di ridurre i tempi di ripresa da una malattia, di migliorare le proprie difese immunologiche ed endocrine.Oggi, stiamo assistendo ad un incremento dei disturbi stress correlati e d'ansia, fattori che sono coinvolti nell'insorgenza e nell'aggravamento di patologie anche gravi come ad esempio quelle cardiovascolari. Responsabile di questo incremento è lo stress associato ad emozioni negative, causa ed effetto dell'attuale stile di vita frenetico e alienante dei tempi moderni.
La proposta di Wellness Training può risultare estremamente efficace per ritrovare l’equilibrio che è stato alterato.
Sono proprio equilibrio ed autoregolazione le parole chiave che distinguono l'approccio di Wellness Training all'attività proposta che è sempre priva degli aspetti stressanti o traumatici connessi all'agonismo ed alla competizione che spesso le discipline sportive e del fitness comportano, per cui di norma, non ha alcuna controindicazione. Wellness Training ha come obiettivo proporre comportamenti virtuosi nelle attività motorie, nell'alimentazione e nei vissuti relativi al proprio stato emotivo. Riguardo alla condizione fisica Wellness Training comprende:
-Un complesso attività motorie da eseguire con intensità adeguata all'età e alla condizione generale del soggetto.
-Lo sviluppo del tono e forza muscolare con esercizi e movimenti a corpo libero.
-Esercizi per il miglioramento della flessibilità generale e pratiche di miglioramento dell'equilibrio.
-Esercizi di rilassamento.


Il confronto con la letteratura.
L'approccio che sottende la proposta di Wellness Training é stata quella di coniugare diverse prospettive di ambito filosofico, psicologico e biologico. Non è questa una novità ma piuttosto una costante nello sviluppo delle scienze umane e psicologiche. La novità dell' approccio di Wellness Training consiste piuttosto nel tentare di applicare un paradigma epistemologico che coniughi il metodo scientifico classico di derivazione cartesiana e galileiana con gli apporti della teoria scientifica costruttivista. Il risultato che si tentato di attuare é dunque quello dell'integrazione tra l'analisi oggettiva basata su dati empirici, e che vede soggetto ed oggetto della ricerca rigidamente separati, con un metodo conoscitivo dialogico in cui il ricercatore tiene sempre presente che anch'egli é inserito nel contesto che intende analizzare, che ne é influenzato e nel contempo lo influenza, poiché quando l'oggetto della ricerca sono gli esseri umani la loro intrinseca natura dialogica conduce necessariamente all'interpretazione delle strutture di senso all'interno del contesto comunicativo.


Il rasoio di Ockam.
Il teologo francescano inglese Guglielmo di Ockham segna il passaggio dalle teorie medioevali basate sulla filosofia scolastica, che cercava di conciliare la riflessione conoscitiva con la verità rivelata, al nuovo orizzonte conoscitivo in cui la ricerca filosofica si occupa altresì della natura, indagabile attraverso la ragione applicata all'esperienza. Formulando il principio: "Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem" ("Gli enti non devono essere moltiplicati se non vi è necessità di farlo"), Ockham pone le prime basi di quello che sarà il pensiero scientifico moderno, affermando l'inutilità di formulare più assunti del necessario per spiegare un dato fenomeno: ciò implica che fra le tante possibili spiegazioni quella più semplice ha maggiori possibilità di essere vera. L'applicazione di questo principio, che è oggi un classico ragionamento della moderna filosofia della scienza, ci conduce a sostenere con forza un concetto talmente semplice ed evidente quanto dirompente: la centralità della Vita (Bios), la sua intrinseca unicità, il suo mistero non riducibile a nessuna delle categorie con cui la possiamo analizzare.


L'approccio biocentrico.
Gli straordinari progressi delle scienze biologiche costituiscono un punto di partenza solido e fecondo per comprendere molti misteri della biosfera ma non sono in alcun modo sufficienti per esprimere tutti i significati essenziali circa la condizione umana. Dobbiamo considerare, pertanto, la biologia come un punto di partenza universale ed un riferimento di base per comprendere l' essere umano, ma le scoperte biologiche devono incontrarsi con le grandi intuizioni sopra gli aspetti ancora non rilevati e misteriosi della vita umana. Va quindi attribuita importanza al riconoscimento ed alla scoperta delle costanti, delle leggi, siano esse biologiche, etologiche, antropologiche, psicologiche, ma insieme va sottolineata la necessità della salvaguardia dell'evento, del miracolo, della unicità e singolarità del singolo essere vivente.
Lo scienziato inglese James Lovelock per primo nel 1979 ha suggerito l'ipotesi che il nostro pianeta sia un vero e proprio organismo biologico, di cui gli esseri umani fanno parte e con cui interagiscono, che egli chiamò "Gaia", dal nome che gli antichi greci davano alla "Madre Terra". Tali fertili premesse sviluppate in seguito, tra gli altri, dal filosofo norvegese Arne Naess, hanno dato vita all'approccio biocentrico che ritiene che la natura sia dotata di un "valore intrinseco" indipendente dall’uomo e con cui egli si deve rapportare ma in modo totalmente nuovo, rimuovendo le forzature dei modelli culturali egocentrici finora imperanti, pena la sua stessa estinzione. L'approccio biocentrico, nel nostro specifico ambito di indagine è da intendersi come l'assunzione di una prospettiva sistemica costruttivista che superi la scissione tra corpo e spirito, tra soggetto e oggetto, tra particolare e universale e in ultima analisi tra parte e tutto, anche nell’ambito dell’attività conoscitiva nel suo complesso. E’ necessario riconoscere che c’è del corpo anche nel conoscere, c’è emozione, c’è creatività nella scienza e in generale nella conoscenza.L'idea della scienza come risultato di una attività "neutra" in qualche modo "sterilizzata" e tenuta separata da quelli che vengono ritenuti turbamenti soggettivi di carattere emozionale, viscerale, estetico, culturale, oggi viene fortemente messa in crisi a favore di una concezione integrata e globale del conoscere. Non solo: anche la classica distinzione tra scienze dello spirito e scienze della natura, definita da Dilthey, viene messa in discussione. Non c'è una scienza che si occupi dell'elemento "fisico" o "biologico" della realtà e un'altra che si occupi invece dell' "anima". Non si può strutturare un ambito della conoscenza senza la comprensione (com-prendere significa afferrare, stringere insieme: la parola etimologicamente rimanda all’unione). La comprensione, quindi, volge sé stessa al compito di poter raggiungere la conoscenza unendo le forze della ragione e dell’ intuizione. La conoscenza e il sapere sono quindi sotto la prospettiva dell'integrazione.Tutto ciò è collegato all'impostazione generale di integrazione biocentrica che coinvolge non solo l'uomo come soggetto vivente nel complesso del rapporto con il suo ecosistema, bensì anche l'uomo come soggetto conoscente, con la necessità di muoversi all'interno di tutte le forme della conoscenza (dalla Biologia alla Psicologia, dalla Filosofia alle Neuroscienze) con la certezza che ognuna, a suo modo, apporti una luce diversa alla comprensione intesa in ambito olistico.


Emmanuel Lévinas: l’etica ed il volto dell’altro.
Levinas critica la riduzione dell’alterità propria del pensiero occidentale ed introduce altresì descrizioni, analogie e metafore per mostrare come esista una relazione unica ed esemplare tra l’Io e l’Altro che è alla base dell’etica. L’Altro è anche l'assolutamente Altro, insomma una alterità non riducibile che è associata in qualche modo con l'infinito ed il trascendente. (Lévinas, 1961).Levinas, riprendendo il pensiero di Martin Buber che sostiene che l’Io e l’Identità si struttura a partire dal Noi, sottolinea come l’Io è chiamato eticamente a rispondere della relazione con l’Altro, e come questa sia l'esperienza assoluta che presenta il carattere di una vera e propria trascendenza. La trascendenza è così intrinsecamente sociale e plurale, piuttosto che qualche cosa di isolato. La più grande ierofania [1]è la sua manifestazione attraverso l’Altro, il quale assume in tal modo la connotazione della qualità del trascendente.Da ciò deriva l’etica che per Lévinas non è un ambito secondario della riflessione filosofica ma al contrario "filosofia prima", fondamento basilare di ogni successivo possibile ambito. Il volto dell’Altro è collegato intimamente alla sensibilità che vi vede un significato da cui emerge come l'emblema di tutto ciò che è fondamentalmente e che resiste ad ogni categorizzazione. Quindi il volto dell’Altro, nella filosofia di Levinas, è la base fondante dell’etica: esso resiste ad ogni possesso o utilizzazione, ed obbliga ad assumere una responsabilità che trascende la conoscenza. Il volto dell’Altro è il modo concreto con cui l’Altro entra in relazione con me ed il suo volto mi parla con un "linguaggio" che va al di là di ogni pretesa di definizione o categorizzazione. Il volto dell’Altro instaura in tal modo una relazione etica che mi convoca come responsabile, una richiesta etica che deve essere accettata ancor prima di essere interpretata o mediata. Il volto dell’Altro mi parla sempre direttamente e completamente ed il suo riconoscimento, nello scenario di Levinas, deve essere ugualmente completamente personale.


L'intelligenza emotiva.
Daniel Goleman ha proposto il concetto di "intelligenza emotiva" come peculiare competenza della persona che padroneggia i seguenti ambiti:
1) conoscenza delle proprie emozioni;
2) controllo delle emozioni;
3) motivazione nelle proprie azioni;
4) riconoscimento delle emozioni altrui;
5)gestione delle relazioni.
Il lavoro metodico e integrato su questi punti conduce alla consapevolezza interiore e ad uno stato di coscienza derivante dall'emozione e dall'empatia che tende a far emergere una nuova percezione orientata alla integrazione e all'autorealizzazione.
La proposta che abbiamo sperimentato conduce il partecipante alla modulazione del sistema adrenergico e di quello colinergico e può risultare estremamente efficace per ritrovare l’equilibrio che è stato alterato.


Empatia e neuroni specchio.
Nel 1995 è avvenuta la scoperta, in modo del tutto occasionale in seguito ad una ricerca sui macachi che aveva altre finalità, dei neuroni specchio da parte del gruppo dell'Università di Parma composto da G. Rizzolatti e V. Gallese. I neuroni specchio, che potrebbero essere alla base del fenomeno dell’empatia, hanno una duplice capacità. Da un lato si attivano quando l'animale compie un’azione, ad esempio afferrare un oggetto, dall’altro abbiamo la medesima attivazione anche se in maniera simile quando l'animale vede un altro individuo (scimmia o uomo) fare lo stesso gesto. Pertanto l’azione compiuta da altri determina l'attivazione, all'interno del cervello dell'osservatore, dei neuroni che si attiverebbero se fosse lui stesso a compiere quella specifica l'azione. Le moderne tecniche di analisi neuroimmagine hanno permesso di indagare e studiare l'attività di questi neuroni negli animali, come peraltro hanno consentito analoghe indagini sull'uomo. Si è in tal modo scoperto che il sistema dei neuroni specchio umano è assai complesso: esso coinvolge molteplici regioni cerebrali ed interviene, oltre che nella comprensione delle azioni, delle intenzioni nonché delle emozioni altrui, anche nell' apprendimento attraverso l' imitazione, capacità molto presente sia nei primati che nell'uomo.


Juan Rof Carballo e la psisomatica integrale ed olistica.
Juan Rof Carballo, medico e psicanalista, è stato l’anticipatore ed il promotore della Psicosomatica in Spagna. Il suo modo di concepire la Psicosomatica guarda alla persona in un modo completo, tenendo conto della sua dimensione biologica, psicologica, sociale e spirituale, e punta al ristabilimento della salute psicofisica con minori costi sia economici che di sofferenza. L’indagine relativa alla natura umana che Juan Rof Carballo ha condotto fino all’età di 89 anni ha infatti appena avuto un nuovo sviluppo nell’ambito del pensiero contemporaneo. Le recenti teorie del caos esposte da fisici atomici e chimici quali Bernard D'Espagnat e Ilya Prigogine, da sociologi quali Edgar Morin e tanti altri pensatori, le recenti scoperte nella biochimica cerebrale centrate sulle azioni dei neuropetidi oppure le prospettive che l'asimmetria interemisferica dell'encefalo aprirà nella costituzione di una nuova scienza, sono alcuni temi sui quali Juan Rof Carballo ha iniziato da pioniere una riflessione che ancora oggi è in corso. Molti testi di Rof Carballo segnalano alcuni punti chiave del suo pensiero: la realtà dialogica dell'essere umano, cioè, quella che si rivela nell'incontro o nel dialogo; ma, soprattutto, ciò che intendiamo evidenziare è l'affermazione che l'uomo è costituito, in maniera essenziale, dal suo prossimo. E’ questo uno dei motivi centrali della sua investigazione. Che problemi, temi ed ipotesi apre questo pensiero per la scienza, la medicina, la psicologia e l’investigazione psicanalitica contemporanea? Quello che ci interessa è segnalare come questo apporto sia stato anticipatore per una nuova comprensione dell'uomo e del suo sviluppo sia biologico che cognitivo. E' il caso ad esempio dell'epigenetica, tanto in voga al giorno d'oggi dopo la pubblicazione del libro di Bruce Lipton " La biologia delle credenze", ma di cui Carballo parlava ben 50 anni fa nelle sue opere e di cui può essere a tutti gli effetti considerato l'anticipatore. L’intrinseca coerenza dell'immaturità cerebrale ed la sua finalizzazione epigenetica, trovano nel pensiero di Carballo una sintesi di rara efficacia. L'articolazione dell'uomo coi suoi simili, con la società, ha non solo una base psicologica ma anche una base anatomica (il cervello interno), fisiologica e biochimica, in sintesi un substrato biologico. Nello sviluppo di questo substrato biologico, sviluppo che può portarsi a termine solo nella relazione tutelare dei primi tempi della vita, viene a culminare, condensato, come nell'ontogenesi, la filogenia, ossia il "processo di ominazione" che poi proseguira durante tutto l'arco di vita. L'uomo può diventare intelligente e svilupparsi armonicamente nel ciclo di vita, solo con un "Io" robusto che percepisca la realtà senza deformazioni e domini i suoi impulsi istintivi e sia pienamente padrone di sé, grazie all'interrelazione con le altre persone. Lo sviluppo epigenetico, in forma di "eredità socialmente condizionata", continua, dopo la nascita, per una serie di interazioni con "persone chiave", interazioni che, nelle prime settimane della vita, hanno carattere costitutivo. Questo vuol dire che l'ultima modulazione dell'eredità, probabilmente per retroazione profonda con meccanismi neurobiologoci e neurobiochimici, in questo momento immaturi, si realizza mediante la "incorporazione" di modelli sociali, nei quali, in maniera condensata, si riflette la storia emozionale dei progenitori con le loro insoddisfazioni ed ideali più profondi e, in maniera indiretta, la storia del gruppo sociale nel quale l'individuo è nato. Tale tesi sostenuta da Carballo presenta molti punti di affinità con la ricerca condotta in altro ambito da Bert Hellinger e relativa alle "costellazioni familiari".Secondo Carballo l'uomo nasce in maniera prematura, anticipatamente, con un lungo periodo di incapacità, senza essere "concluso e finito" del tutto. In questo periodo, principalmente nei primi giorni e settimane della vita, succede qualcosa di fondamentale non già nella sua psicologia, bensì nella sua biologia: riceve un mondo. Un mondo, una speciale forma e stile di configurare la realtà, gli è consegnato. Chi glielo consegna sono le persone tutelari. Le quali, in realtà, non fanno altro che trasmettergli, trasferirgli il mondo che essi, a loro volta, hanno ricevuto. Potremmo dire anche che questo mondo non è solo il mondo della tradizione, bensì un mondo in tutta l'ampia e profonda accezione della parola: cioè, un modo di percepire, di ordinare e di strutturare la realtà. L’ immaturità con cui nasce il cervello riscuote un'enorme importanza, perché permette che nel suo sviluppo comunichino come modulatori: il clima sociale, le reazioni di fronte all'unità padre-madre, i modelli generazionali trasmessi, ecc... Tutto ciò, si vede riflesso in strutture anatomiche, biochimiche, enzimatiche, ecc. L'immaturità fa si che l'essere umano possa esistere solo se c’è il prossimo e contemporaneamente possa trasmettere, attraverso le generazioni, storia e cultura. Il potenziale genetico è una forza attiva che appartiene al presente e possiede un aspetto di "genesi attuale". Le esperienze di vita, i pensieri, le emozioni e il comportamento possono modulare l'espressione e la neurogenesi in maniera tale che possono cambiare realmente la struttura fisica del cervello. Quindi i vissuti emozionali indotti ad esempio attraverso le arti espressive e di cura possono creare "effetti" simili ai neurotrasmettitori od a quelli di alcuni ormoni. Una ipotesi questa che oggi si sta indagando attraverso verifica empirica con le tecniche di neuroimmagine analizzando se gli effetti indotti da vissuti emozionali attivino i circuiti neurologici e le ghiandole nelle quali si producono le rispettive azioni neurologiche, endocrine o immunologiche.
Juan Rof Carballo capisce che la conoscenza della psiche è un mosaico al quale si può accedere da varie posizioni: dalla neurofisiologia della condotta, della memoria, dell'attenzione e percezione, ma si può accedere anche per mezzo della psicoanalisi, della genetica e dell'etologia. Tuttavia considera che avvicinarsi esclusivamente da una qualunque di queste prospettive non è sufficiente, per questo inizia un lavoro ingente a partire dalla sua opera "Urdimbre afectiva y enfermedad". E come nel cervello esistono aree programmabili, tanto importanti per il sé, ci sono anche aree programmabili nel sistema immunologico ed endocrino. Vi sono tre programmazioni parallele: la neurologica, l'immunitaria e l' endocrinologica. In esse si danno le basi dell'identità umana, del sé. E questo ha alcune implicazioni enormi in quanto alla salute ed alla malattia. Pensiamo alla relazione tra processi mentali, (neurologici), endocrini (risposta allo stress) ed immunologici (malattie autoimmuni, diminuzione delle difese contro mutazioni, cancro, virus, etc). Questa è la base della concezione psicosomatica integrale ed olistica, introdotta da Juan Rof Carballo ben 50 anni fa.


Iohannes Heinrich Schultz e la bionomia.
Il termine bionomia (da bios= vita e nomos= legge) viene introdotto dal sociologo e botanico americano Lester Frank Ward che per primo l'aveva coniato. Ma Schultz, proponendo di utilizzare il Training autogeno da lui strutturato, per avvalorare la sua tecnica, si avvale anche delle ricerche in ambito biologico condotte da Karl Eduard Rotschuld. Il training autogeno si propone infatti di far raggiungere alla persona la bionomia ossia di recuperare l’equilibrio originario stabilito dalle regole che governano la vita, rientrando così nell'ordine vitale. Lo stress, in tale ambito, può essere inteso come un evento destrutturante l'ordine vitale originario e che comprende il piano psicologico, fisiologico ed esistenziale coinvolgendo l'individuo nella sua totalità. L'esito della rottura dell'equilibrio dell'ordine vitale sarà rappresentato da uno stato a-bionomico, che determina nell’individuo ansia, depressione e tutti i sintomi propri di una situazione di stress e che impediscono alla persona di svolgere il suo normale percorso di vita. Si tratta allora di ripristinare i principi che regolano naturalmente l’esistenza di ogni individuo. L’obiettivo è quello di ristabilire l'ordine bionomico attraverso l’integrazione psicofisica, promuovendo così un armonioso sviluppo del piano di vita individuale che riequilibri le funzioni alterate e riporti armonia. Ciò può avvenire sulla base del principio dell' "autogenia", ossia delle regole che presiedono al funzionamento del nostro organismo dal piano squisitamente biologico a quello psicologico ed interiore. Si tratta solo di consentire alla nostra intrinseca unità psico-fisica di attivare il programma originario che è stato alterato dall'evento stressante, riparando prima gli effetti del trauma per poi ristabilire e modellare un programma evolutivo individuale ottimale in quanto in armonia con le leggi della vita. Una vita sana, piena di significato, caratterizzata dalla potenza creativa individuale, nel ritrovato equilibrio esistenziale.


Wellness Training e l'approccio biocentrico allo stress.
Partendo dal presupposto che il sistema integratore-adattatore limbico-ipotalamico è strettamente legato all’espressione degli istinti, delle emozioni e degli affetti, si tratta di agire sull’organismo attuando un processo di autoregolazione di queste funzioni. In tal senso attueremo da una parte movimenti perfettamente controllati dalla volontà e dall’altra, al contrario, stimolaremo movimenti legati agli impulsi, che s’impregnano di affettività e di emozione profonda. In questo modo si induce una diminuzione temporanea della funzione inibitrice della corteccia cerebrale sia mediante la sospensione provvisoria del linguaggio verbale, sia grazie al rallentamento momentaneo dell’attività visiva (tramite esercizi realizzati ad occhi chiusi) e della motricità volontaria (tramite esercizi effettuati con movimenti molto lenti), in modo da consentire una maggiore espressione degli impulsi limbico-ipotalamici.
Si realizza in tal modo una modulazione che si riversa sul sistema nervoso autonomo, che è costituito dal sistema simpatico, che predispone l’organismo alle reazioni di lotta e fuga, e il sistema parasimpatico responsabile delle funzioni di riposo e ristoro biologico. Si tratta di promuovere vissuti che da una parte rinforzano l’identità attraverso musiche e movimenti a ritmo gioioso ed euforico, attivando il sistema simpatico; dall’altra, inducendo degli stati di trance attraverso musiche e movimenti lenti che attivano il sistema parasimpatico.Utilizzando queste diverse tipologie di esercizi-movimenti in modo combinato, non è difficile capire l’effetto armonizzatore neuro-vegetativo che va a modulare i grandi sistemi di regolazione intraorganica. In definitiva, attraverso i vissuti, rafforzati dalla musica e dalle emozioni, stimoleremo il processo di autoregolazione dell'asse neuroendocrinico ipofisi-surrenale, facilitando il processo di adattamento. Ma non solo, stimolando l’armonizzazione e l’integrazione con sé stessi e con gli altri, evitiamo le conseguenze dello stress e scopriamo una dimensione più armonica del vivere. Abbiamo strutturato gli incontri in una prima parte verbale, che a volte può anche non esserci, in cui si illustrano gli obiettivi degli esercizi proposti durante la sessione oppure i partecipanti al gruppo, se lo desiderano, pongono domande o condividono con gli altri la loro esperienza rispetto ai vissuti personali. Questa fase deve essere di breve durata ma può anche non esserci. Segue poi la fase del vissuto durante la quale il linguaggio verbale è sospeso per immergersi totalmente nell’esperienza. Soprattutto nei primi incontri si è perseguito l’obiettivo di realizzare una integrazione motoria, proponendo ai partecipanti esercizi volti a liberare il movimento stereotipato, le contratture e rigidità a livello corporeo, nonché a sviluppare le proprie capacità ritmiche per stimolare la vitalità. Si iniziano così a superare gradualmente le proprie dissociazioni perseguendo degli obiettivi di integrazione motoria ed affettivo-motoria che stimolano in modo graduale e progressivo le capacità di comunicazione affettiva, attraverso esercizi proposti sempre con dolcezza e delicatezza, senza mai forzare nessuno e nel pieno rispetto delle capacità motorie e personali di ognuno dal punto di vista dell’affettività. Sempre con rigorosa progressività nei successivi incontri sono stati proposti esercizi che vanno a stimolare delicatamente la creatività attraverso giochi creativi introdotti da ritmi allegri e vitali. Inoltre esercizi avanzati avranno effetti positivi solamente quando all’interno del gruppo si è creata una familiarità che consente comportamenti di avvicinamento e contatto in feed-back: pertanto essi sono stati applicati solo in sessioni di approfondimento. Ogni sessione è stata inoltre collocata all’interno di un ben preciso modello di strutturazione legato allo schema di attivazione-deattivazione tra sistema simpatico e parasimpatico proposto dal F. Alexander e poi sviluppato da G. L. Engel. Partendo dal livello di attivazione normale del nostro vivere quotidiano, presente nei partecipanti al momento dell’inizio della sessione, abbiamo proposto esercizi di progressiva attivazione-integrazione, quali ad esempio camminate: l’alternanza di gambe e braccia (braccio sinistro con gamba destra in avanti e viceversa) realizzerà un intervento di integrazione motoria oltre che di attivazione simpatico-adrenergica. Tale attivazione sarà in grado di rinforzare anche l’identità: attraverso musiche attive e movimenti ritmici si raggiungerà il picco della curva di attivazione.

Figura 1: La curva fisiologica di attivazione-deattivazione.

A questo punto si introdurranno esercizi come ad esempio movimenti di fluidità o vissuti attivati da musica melodica, in grado di promuovere la deattivazione e la curva inizierà a scendere mettendo in atto una lieve regressione che proseguirà e diventerà più intensa con esercizi quali il movimento del segmento corporeo del collo, avente per scopo di rilassare la muscolatura cervicale, stimolare il nervo vago promuovendo un’azione parasimpatica, dissolvere la tensione oculare, orale e del viso in generale. L’introduzione di esercizi di training autogeno è avvenuta nella parte terminale della linea discendente della fase colinergica, nel rispetto dei tempi necessari legati ai ritmi fisiologici, per attuare una profonda integrazione indispensabile al buon esito della sessione. Il raggiungimento dell'ordine bionomico attraverso l'autogenia implica un abbassamento del "biotono dello stato di veglia", uno stato di regressione ed abbandono. La regressione è un vissuto che ha dei riscontri sia sul piano psichico che fisiologico. Questo tipo di esperienza, sempre condotta in un ambiente adatto ed in un gruppo integrato, determina un rafforzamento del proprio senso di identità. Dal punto di vista storico-antropologico il ritorno all’origine, all’indifferenziato, è riscontrabile nei miti di rinascita, come quello di Demetra, facente parte delle festività sacre legate all’agricoltura ed al mondo mitologico degli antichi greci. Il mito ha una valenza archetipica non indifferente: l’archetipo del ritorno alle origini è presente in molte culture e civiltà e testimonia la nostalgia insita nell’animo umano di attingere alla forza che anima il suo progetto vitale. Regressione verso l’origine e fusione con la totalità sono i due movimenti di uno stesso processo di rinnovamento, che si attua attraverso fasi di progressione, a partire da una sorta di risonanza permanente con l’originario. Ciò si collega anche a nuove scoperte nell’ambito della biologia, come quella di Adriaan Kortlandt che usa il termine di "riprogressione" per descrivere il processo di "regressione rigenerativa". Anche S. G. Margolin ha evidenziato come un arresto nel continuo processo dinamico tra attivazione e regressione sia interessato nello sviluppo di patologie psicosomatiche. L'obiettivo degli esercizi di training autogeno è stato quello di rompere il binomio tensione-non funzionalità stimolando le componenti positive, operando una rivalutazione delle capacità personali affinché ognuno sia in grado di ridare fiducia a sé stesso, tornando ad essere in grado di autoregolarsi. La leggera ripresa della curva nella parte finale corrisponde agli esercizi di ripresa del training autogeno.


Modello e metodologia dell'intervento


Figura 2: Il metodo d'intervento


Il modello si collega al concetto di Vincolo proposto da E. Levinas, che come abbiamo visto ha indagato l’identità in relazione all’altro, la dimensione del Noi di Martin Buber, l’empatia di Theodor Lipps, per giungere alla sua sintesi originale. L’altro e l’incontro con l’altro: questa è la dimensione fondamentale dell’esistenza, da cui scaturisce l’Etica, nonché la fonte dell’identità, che secondo Lévinas va dall’altro all’io. E’ la celebrazione dell’altro come possibilità di scoperta, di riconoscimento, di connessione con la parte più intima di noi. L’Altro di cui parla Lévinas, è sempre in una dimensione grazie alla quale nasce in noi il desiderio di rispondere affermativamente alla silenziosa richiesta dell’Altro di accogliere il suo mistero, senza commenti e senza richieste. La nostra identità si manifesta solo attraverso l’altro; a questo proposito M. Buber propone la realtà del "Noi" e dell’esistenza dell’uomo non come creatura isolata ma relazionale. All'interno del modello troviamo poi gli ecofattori ossia gli stimoli dell’ambiente che possono ostacolare o favorire l’espressione dello sviluppo dei nostri potenziali. Nell’ asse che va dalla filogenesi all’integrazione, rafforzando i comportamenti innati e lavorando sulla parte sana, si migliora lo stato di salute, inteso in senso olistico, dell’essere umano. Sull’asse del continuum identità-regressione che rappresenta la naturale alternanza degli stati di coscienza, troviamo l’identità che è la nostra essenza corporea e pulsante. Inoltre attraverso il progressivo rilassamento l’individuo si lascia trasportare fino ad annullare la percezione del confine tra l’esterno e l’interno integrandosi in un’identità maggiore; è uno stato dell’Io ridotto e la percezione del corpo è armoniosa, le tensioni muscolari spariscono, la sensibilità corporea si sposta verso sensazioni di benessere. L'esperienza si svolge unicamente all’interno di un gruppo, attraverso vari livelli presenti in molti esercizi. Non vi è in questo ambito la possibilità di articolare un approfondimento su ciascuno di questi livelli ed esercizi. Diciamo solo che lo stato di coscienza che si può sperimentare in una sessione ha una qualità integrante. Si tratta di un vissuto in cui la parte cosciente è ridotta ma non assente. Si raggiunge l’integrazione dei tre centri: istintivo, affettivo e razionale e ciò apporta benefici allo stato percepito del benessere psico-fisico ed è la base per l’espansione della coscienza. Certi effetti provocati da questi vissuti, quali l’aumento dell’impulso vitale ed il piacere cenestesico, sono analoghi a quelli prodotti dall’azione di alcuni neurotrasmettitori ed ormoni. Le neuroscienze hanno indagato gli effetti della dopamina nell’elevare l’umore, delle endorfine nel provocare piacere cenestesico, della noradrenalina nell’attivare l’organismo come reazione ad una situazione di emergenza, dell’acetilcolina nell’indurre rilassamento e favorire processi di riparazione organica, del GABA (acido gamma ammino butirrico) nell’indurre un’azione tranquillizzante. Vi è una relazione tra vissuti psicologici ed attivazione di neurotrasmettitori che suggeriscono l’ipotesi che tali vissuti possano produrre effetti "dopaminergici" di buonumore, effetti "endorfinici" di piacere corporeo, effetti "GABA" di tranquillità. Nel modello é inoltre centrale il concetto di affettività che è riconoscimento reciproco e accettazione, occasione di connessione profonda, di integrazione a sé e all’altro. Nella reciprocità dell’ascolto di sé e dell’altro, possiamo vedere come il principio biocentrico che mette la Vita al centro è intrinsecamente etico. Ponendo la Vita al centro realizziamo l’Etica; la trasformazione che conduce alla coscienza etica, frutto della connessione con gli altri, e che porta a nuove scale di valori. Ma questo deve avvenire nel vissuto quotidiano: il filosofo tedesco Wilhelm Dilthey ha proposto il termine Erlebnis che in italiano può corrispondere al concetto di vissuto o meglio di esperienza vissuta e che nel modello assume un’ulteriore connotazione di esperienza vissuta con grande intensità da un individuo nel momento presente e coinvolge le percezioni enterocettive ed esterocettive e le funzioni viscerali ed emozionali. Questo termine si riferisce ad uno stato psicofisico di piena integrazione con sé stessi e con gli altri, generato dall’ambiente che ci circonda proprio nel momento che stiamo vivendo e che implica una immediata e profonda connessione con le energie bioregolatrici. E’ l’esperienza soggettiva integrata del "qui e ora" che propone la Psicologia della Gestalt. Il metodo usa, inoltre, un approccio che include la sensibilità cinestesica attraverso il movimento corporeo, la modulazione continua tra questo ed il pensiero cosciente, situazioni d’incontro in gruppo in cui la musica è in grado di veicolare emozioni, utilizzando il tutto come struttura di una Gestalt, in cui, secondo l’approccio di Fritz Perls, il tutto è molto più che la somma dei singoli elementi.

La verifica
Il DSM IV[1] non contempla il disturbo da stress lavoro correlato, tuttavia la letteratura è concorde nell'associare allo stress lavoro correlato sintomi psicologici ansiosi-depressivi.L’ipotesi di partenza che ho voluto testare è che lo svolgimento di esercizi di attivazione seguiti da quelli di deattivazione, eseguiti in modo sistematico, possa migliorare lo stato generale di benessere, il tono dell’umore e diminuire sensibilmente i sintomi ansiosi-depressivi. Quindi, lo scopo del progetto di ricerca era quello di verificare se l'esecuzione della sequenza degli esercizi che abbiamo progettato, caratterizzati da stimolazione motoria, cognitiva e relazionale, porti effettivamente a cambiare in particolare il tono dell'umore. Abbiamo progettato un disegno sperimentale rivolto ad operatori socio-sanitari di una ASL del Veneto ma problemi burocratico amministrativi hanno poi impedito lo svolgimento dello stesso secondo il progetto originario. Tuttavia avendo già coinvolto gli operatori abbiamo ritenuto di eseguire ugualmente l'intervento caratterizzandolo come gruppo di volontari, pur consapevoli dei limiti che tale diversa situazione avrebbe determinato. Infatti i 15 operatori socio-sanitari, coinvolti in un ciclo di 9 incontri con cadenza settimanale della durata di 2 ore ciascuno, non ha poi partecipato con continuità ai vari incontri: in tal modo i dati raccolti attraverso il Job Content Questionnaire di Karasek, la scala V.R.S. (Valutazione rapida dello stress) di Biondi-Tarsitani sono inficiati da scarsa rilevanza statistica. Possiamo tuttavia ragionevolmente ritenere, anche grazie al questionario finale, che i risultati che abbiamo ricavato e cioè un miglioramento dell’espressione emozionale nei contesti sociali (meno paura del contatto, aumento della capacità di dire "no"), un atteggiamento più ottimistico e rilassato, un aumento del comportamento espansivo ed un generale incremento del tono dell'umore, rappresentino una tendenza altamente plausibile con fattori di probabilità accettabili.
Conclusioni
Possiamo ragionevolmente affermare che per quanto riguarda l'asse endotimico il trattamento ha avuto effetto. I risultati che si possono rilevare sono senza dubbio positivi e di fatto il training è risultato efficace per migliorare il tono dell’umore, la percezione di sé, la relazione con gli altri.
Inoltre attraverso report finale che ha considerato anche l'apporto delle impressioni dei corsisti, si è riscontrata la percezione di un miglioramento della condizione fisica, nonchè la percezione di una maggiore resistenza nel movimento e di benessere generale.

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[1] Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), noto anche con l'acronimo DSM (IV sta per quarta edizione), è il sistema di classificazione dei disturbi mentali più utilizzato in tutto il mondo da medici, psichiatri e psicologi sia nella clinica che nella ricerca.
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