Caos e determinismo in psicologia

 

La teoria del caos, nonostante la sua denominazione, non concepisce la realtà come puro caso, bensì come un miscuglio di caso e determinismo, con alcuni aspetti pronosticabili ed altri no.

Buona parte delle teorie psicologiche, e tra esse la psicoanalisi, hanno preso come base le teorie puramente deterministe. Ora esaminiamo come è possibile affrontare il comportamento umano, o come è possibile spiegare il funzionamento dello psichismo, sulla base della nuova cornice teorica che ci ha proposto sul finire del XX secolo la teoria del caos. Cercheremo di comprendere, in una parola, come è possibile concepire lo psichismo come un miscuglio di caso e determinismo.

Considereremo a tal fine lo schema che qui sintetizzeremo. Lo schema riassume in modo molto semplificato la teoria del caos, e mostra in primo luogo che i processi della realtà, inclusa la realtà psichica, sono circolari, cioè, formano circuiti di retroazione. Per spiegarli si può cominciare da qualunque punto del processo, supponiamo A. Si rompe uno stato di equilibrio: questo stato si rompe perché il sistema riceve qualche influenza esterna sotto forma di energia o informazione, in seguito alla quale passa ad uno stato di squilibrio. L'esperienza rivela che questo stato di squilibrio non può reggersi per molto tempo, e che presto il sistema tenterà un riequilibrio che può seguire due rotte alternative a partire da un punto di biforcazione: o ritorna all'equilibrio originale, da C passa ad A, oppure cerca di passare ad un equilibrio superiore, più complesso e più sofisticato, denominato da Prigogine struttura dissipativa (passaggio da C a D).

 

La prima possibilità si attua mediante un meccanismo di retroazione negativa, compensatorio e neutralizzatore delle deviazioni, e perciò il sistema ritorna al suo stato iniziale. La seconda possibilità ha luogo mediante un meccanismo di retroazione positiva, amplificatore delle deviazioni e perciò il sistema è condotto ad una situazione tale che si destruttura e si riconfigura in una nuova struttura, distinta dalla precedente e più complessa.

Mentre la prima possibilità ci suggerisce un processo reversibile, perché ritorna allo stesso punto di partenza, la seconda ci suggerisce un processo irreversibile, in quanto non implica il tornare al punto di partenza bensì di continuare a procedere attraverso la costruzione di ulteriori strutture, ogni volta di maggiore complessità e tutte imprevedibili. Esaminiamo come nel campo dei fenomeni psichici possono verificarsi entrambe le possibilità:

a) Ritorno all'equilibrio originale. Questo meccanismo· è ben descritto nell'ortodossia della metapsicologia freudiana, quando, ispirato da Fechner, Freud parla del famoso principio di costanza.[1]

Si parla in questo caso di un'irruzione pulsionale (agente disequilibrante) nell'apparato psichico. L'equilibrio si rompe perché c'è un’eccedenza di energia, e in accordo col principio di costanza che prescrive di mantenere tutti i parametri propriamente “costanti”, l'apparato mentale cercherà di scaricare quell'eccedenza di energia per recuperare il suo livello originario.

Questo modello ideale di funzionamento psichico è fondato su un meccanismo di retroazione negativa: la deviazione del livello di energia prodotto dall'irruzione della pulsione deve essere neutralizzata, e ritornare al suo livello originario. Freud dice che la scarica della pulsione non si realizza tanto liberamente a causa di certe barriere che si oppongono alla scarica stessa; nonostante la presenza di queste barriere, l'apparato psichico cercherà vie d’uscita sostitutive (sintomi, sogni, lapsus, ecc.) che obbediscono al principio di costanza. Nonostante gli ostacoli, c'è sempre un tentativo di ritornare all' equilibrio originario.

La psicoanalisi va perfino oltre, quando Freud espone l’eterna lotta tra le pulsioni di vita e le pulsioni di morte, dicendo che prevalgono queste ultime, portando l'individuo al suo stato iniziale che è lo stato inorganico inanimato[2]. Il destino dell'uomo non è più semplicemente quello di neutralizzare l'eccedenza di energia pulsionale, bensì di ridurre l'apporto energetico a zero, o per lo meno a livelli incompatibili col sostentamento della vita.

L'uomo finisce per essere (detto in un altro modo) un sistema chiuso che· tenta di sottrarrsi alle influenze esterne per mantenere ogni cosa nello stato di equilibrio antecedente.

E questo è così perché Freud disponeva solo di una termodinamica dei sistemi chiusi. I nuovi modelli teorici mostrano, invece, come un sistema aperto, la cui tendenza non è l'equilibrio bensì l’instabilità, conduce progressivamente ad nuovo riequilibrio e alle strutture complesse che Prigogine ha denominato, in chimica, strutture dissipative.

L'alternativa non è allora il puro caso, bensì il miscuglio di caso e determinismo di cui parla la teoria del caos, ed attraverso ciò approderemo al secondo circuito di retroazione, in cui sono incluse le strutture dissipative;

b) La genesi delle strutture dissipative. È possibile estendere la teoria del caos al funzionamento psichico? Che posto occupano il caso e le strutture dissipative di Prigogine nello psichismo? Esaminiamo queste questioni prendendo come assi di riferimento tre importanti orientamenti psicologici: la psicoanalisi, la psicologia genetica di Piaget, la psicologia sistemica.

1) La psicoanalisi. Lo psicanalista argentino Luis Horstein sostiene che attualmente, l'idea dello psichismo come un sistema chiuso con un'energia costante è un punto di stagnazione nella riflessione psicoanalitica[3]. Secondo lo stesso autore, l'inconscio deve essere considerato come un sistema aperto e come tale, capace di auto-organizzazione, destrutturazione e ristrutturazione, e ciò è· possibile se lo si concepisce nel contesto di un circuito di retroazione (e più specificamente di retroazione positiva) secondo la terminologia che stiamo utilizzando. Questa retroazione mette in discussione la causalità lineare e fonda l'efficacia stessa del lavoro analitico rivelando una forma di ricorsività dove il presente agisce sul passato, il quale, tuttavia, condiziona il significato del vissuto attuale. La retroazione permette di pensare al sopraggiungere del nuovo all'interno di ciò che è già· dato.

Secondo il modello della causalità lineare, la relazione causa-effetto è unidirezionale: la causa produce l'effetto, ma non l'inverso. Il passato agisce sul presente, in modo tale che quello che siamo oggi, pensiamo o sentiamo è il prodotto delle nostre passate esperienze infantili[4]. O, se si vuole, certi processi del passato determinano inequivocabilmente il futuro. La retroazione viene a mostrarci che non solamente il passato ha influenza sul presente, ma anche, in qualche modo, il presente ha influenza sul passato: in effetti, nel lavoro analitico è possibile “risignificare” il passato, destrutturarlo per trasformarlo in altre strutture, come se stessimo sfilacciando un pullover e, con le stesse fibre di lana, intrecciando un pullover nuovo. A sua volta, un passato risignificato opererebbe diversamente sul comportamento attuale, probabilmente nella direzione desiderabile e producendo la cura.

Durante il processo terapeutico analitico è possibile verificare anche meccanismi di retroazione negativa, ABCA, come resistenza al cambiamento. Interessa evidenziare che questa tendenza a ritornare al punto di partenza, a non cambiare, è spontanea e richiede minore quantità di energia che iniziare il cambiamento desiderabile. Possiamo pensare che il paziente che resiste al cambiamento non può contare su una sufficiente riserva energetica perché quell’energia che dovrebbe utilizzare per cambiare sta venendo consumata nella risoluzione di un conflitto interno.

In sintesi: mentre l'individuo si sente destrutturato, sta nel punto di biforcazione, dove ha due opzioni: o cerca di ritornare alla struttura anteriore per retroazione negativa neutralizzando la “deviazione” introdotta dall'analista (resistenze), o cerca di ristrutturarsi mediante retroazione positiva. In questo crocevia egli è altamente sensibile all'influenza dell'ambiente, alla parola dell'analista, e qualunque avvenimento che si produce per caso tra analista ed analizzato, per piccolo che sia, potrà produrre effetti importanti: un breve intervento interpretativo in questo momento tanto sensibile provocherà, nel migliore dei casi, la formazione di una nuova struttura, l'instaurazione di un nuovo ordine che potrà giustificare eventualmente la guarigione.

Questo punto di biforcazione è importante e l'avvenimento fortuito potrà avere un'importante ripercussione, o no: l'avvenimento casuale può fare sorgere nuove possibilità nella storia, oppure è solo un accidente che forgia la compulsione alla ripetizione, un pretesto per il ritorno al già conosciuto.

Secondo Sonia Neves Langlands, psicoanalista e docente della Universidade Santa Ursula di Rio De Janeiro[5], anche Bion può essere considerato come un teorico che cerca di applicare la teoria psicanalitica agli ambiti della complessità, essendo la sua elaborazione caratterizzata da un impianto non-riduzionista, non-determinista e non-lineare. All’interno della sua opera, dice la Langlands, vi sono molti fattori che spingono in tale direzione: la circolarità dei concetti ed il processo a spirale attraverso cui gli stessi sembrano articolarsi. Bion parla di costruzione in psicoanalisi, non in quanto ricostruzione della storia del soggetto, ma costruzione nel senso di un’ interazione creativa ; la psicoanalisi di Bion si occupa del transfert ma non nel senso di qualcosa di già esistente che si ripete, come diceva Freud, ma nel senso di qualcosa attraverso cui si è in transito e per cui non si è mai passati.

Pensare i processi terapeutici in termini di un meccanismo di retroazione positiva dove il passato ha influenza sul presente e questo sul passato, è ritornare ad un'idea originale di Freud, ma fallita per l'influenza che esercitò su di lui la termodinamica dei sistemi chiusi, prevalente all'inizio del secolo. In sintesi Freud concepì l’inconscio come un sistema aperto, ma lo modellò come un sistema chiuso.

Un'ultima considerazione: nella misura in cui riconosciamo l'influenza degli avvenimenti aleatori nel punto di biforcazione, dovremo accettare che lo psichismo è il prodotto del determinismo e del caso contemporaneamente, e ciò spiega perché la condotta dell'uomo, tra le altre cose, non è pronosticabile con una sicurezza del cento per cento. Pertanto, quando parliamo di caso seguiamo l'idea di Prigogine secondo cui il caso non è tanto una nostra invenzione per giustificare la nostra ignoranza sulle cause delle cose, ma qualcosa che fa parte della realtà, in forma obiettiva. Il caso come invenzione appare per esempio nelle spiegazioni che danno gli stessi pazienti sulla loro propria compulsione alla ripetizione: “Che maledetta sfortuna! Mi capitano sempre le stesse sventure!” oppure “Ho· la fortuna contro: perdo tutti i lavori che inizio!”. In tale ambito, il caso è una forma di occultamento del determinismo proprio della compulsione alla ripetizione, e l’attribuzione delle disgrazie a fattori esterni più che a fattori interni.

2) La psicologia genetica di Piaget.

Se esaminiamo l'evoluzione dell'intelligenza secondo Piaget, la vedremo svilupparsi in termini di destrutturazioni o perdite di equilibrio che condurranno a nuove ristrutturazioni o equilibri superiori.[6]

Le strutture conoscitive di Piaget possono essere comprese come strutture dissipative, nella terminologia di Prigogine. Le ragioni per tracciare un simile paragone sono le seguenti:

a) Piaget sostiene che quando si produce uno squilibrio, il sistema mentale esistente fino ad allora cercherà di orchestrare misure compensatorie che, ben lungi dal ritornare all'equilibrio originale, evolveranno verso un nuovo equilibrio mediante la costruzione di una nuova struttura sulla base della precedente, una nuova struttura che risulta evolutivamente più adattativa. Ogni nuovo stadio viene definito da una nuova struttura, cioè rappresenta un salto verso una nuova struttura dissipativa. Il ritorno all'equilibrio originale è il contrario di un processo evolutivo.

b) Nel periodo di tempo in cui si verifica lo squilibrio, lo psichismo risulta essere altamente sensibile alle influenze dell'ambiente. Un bambino occupato a consolidare una nuova struttura e che non è ancora entrato in un nuovo squilibrio, si trova in un momento di accomodamento. Ma in un momento successivo, il nuovo squilibrio prodotto obbligherà il bambino a cercare stimoli, diventerà più sensibile a quello che succede nel suo ambiente per potere generare una nuova struttura dissipativa (assimilazione). L'accomodamento è un momento di consolidamento di strutture mentre l'assimilazione è un momento di ricerca di strutture nuove e più complesse.

c) Questi nuovi stimoli ambientali normalmente sono insignificanti e succedono per caso, ma producono conseguenze importanti agli effetti della costituzione della nuova struttura. Un bambino può toccare per caso, mentre agita in modo non coordinato le sue mani, un oggetto. Mediante un effetto di retroazione positiva questa influenza cresce sempre più permettendo l'instaurazione di reazioni circolari secondarie, e queste a loro volta di reazioni terziarie e finalmente esse condurranno alla costruzione della prima struttura conoscitiva propriamente detta rispetto a questo oggetto.

Insomma, l'intelligenza si svilupperebbe per Piaget in accordo col circuito di retroazione ABCD del nostro schema, dove ogni nuovo agente esterno fortuito stimola la genesi di nuove strutture dissipative.

3) La psicologia sistemica.

Sicuramente è nell'ambito della psicologia e della psicoterapia sistemica in cui si è esercitata la maggiore influenza di alcune concettualizzazioni della teoria del caos. Come buone sorelle di un padre comune (la Teoria Generale dei Sistemi), la psicoterapia sistemica e la teoria del caos hanno molti elementi affini, e non risulta insolito che il processo terapeutico sistemico possa essere compreso in accordo con lo schema di Prigogine che abbiamo sintetizzato in questa dissertazione.

Questi tentativi hanno avuto luogo specialmente a partire dal 1980 quando è stata fondata la “Society for Chaos Theory in Psychology and Life Sciences”[7], allo scopo di lavorare nell'applicazione dei concetti della teoria del caos al funzionamento dello psichismo. Questo orientamento sostiene che nello psichismo ci sono sistemi che sembrano comportarsi aleatoriamente, ma che includono un ordine nascosto che, anche se possiamo conoscere, è altrettanto impossibile prevedere esattamente. Le persone somigliano molto al clima: hanno comportamenti prevedibili ma anche imprevedibili, e non si possono scoprire mai tutti i fattori che su di esse agiscono.

Così ad esempio, una persona può trovarsi in un punto di biforcazione, dove deve optare per mantenere il suo equilibrio omeostatico originale, col quale sta posticipando il caos, oppure affrontare il caos. Il terapeuta deve in questi casi propiziare il caos, accentuare la destrutturazione che la persona in questione cerca di evitare e favorire la proliferazione di circuiti di retroazione positiva. Ed al contrario, se la persona si trova già nel caos, il lavoro terapeutico sarà di contenimento, e cercherà di aiutare la persona a trovare un “attrattore strano” che agisca come guida per organizzazione una nuova struttura.

Anche i neurofisiologi sono interessati al modello del caos. Walter J. Freeman, un pioniere della neurofisiologia americana, ha ipotizzato che i neuroni siano regolati da attrattori che rilanciano dinamiche complesse, influenzandosi a vicenda e guidando a loro volta i singoli elementi originando immediatamente nuove configurazioni e strutture[8]. L’attività collettiva globale delle aree cerebrali è caotica e imprevedibile (non segue leggi lineari di causa-effetto), ma tuttavia è dotata di ordine: Freeman dichiara che in questo ordine non-deterministico della dinamica del cervello si colloca la dimensione del sentire qualitativo. A giudicare dalle registrazioni elettroencefalografiche e dalle tecniche di neuroimmagine, in paragone con lo stato di riposo, il cervello diventa più caotico quando comincia a risolvere problemi, e ciò coincide coi risultati di Prigogine nella chimica e le investigazioni di Piaget in psicologia, nel senso che uno stato di squilibrio induce le persone a cercare informazioni nell'ambiente per risolverlo mediante una nuova struttura conoscitiva. In quel momento, la persona si sente altamente sensibilizzata a qualunque influenza esterna che, essendo ancora piccola, provocherà grandi cambiamenti, e lo psichismo funzionerà caoticamente fino al raggiungimento del nuovo stato di equilibrio.

La teoria del caos offre anche una struttura per capire come avvengono i cambiamenti durante la terapia familiare. Al riguardo non ci sono studi specifici, ma cercheremo di fornire alcuni esempi presi da terapeuti sistemici classici e di capire le loro proposte relative alla teoria del caos.

Lo schema che stiamo presentando può essere considerato molto bene come una descrizione sintetica dei processi di cambiamento o di non cambiamento che si possono verificare nell'essere umano a livello individuale o famigliare, sia che avvengano in forma spontanea che indotti terapeuticamente.

Nello schema che abbiamo presentato ci sono due circuiti principali: il circuito ABCA, che è di retroazione negativa, ed il circuito ABCD, che è di retroazione positiva. Mediante ognuno di entrambi i circuiti possono attuarsi processi sani e processi malati, in modo che non sempre un circuito positivo è sano, né uno negativo malato. Inoltre, essendo entrambi i percorsi interconnessi nel punto di biforcazione, il processo può evolvere combinando sequenze di retroazione negativa e positiva, o viceversa, come si vede nella terapia familiare sistemica.

 

 

Watzlawick e la sua equipe di Palo Alto, California, parlano di due tipi di cambiamento verificabili in un contesto terapeutico[9].

Il primo tipo di cambiamento (1), (ABCA), non modifica la struttura del sistema né del suo funzionamento cibernetico, e conseguentemente fa sì che il problema originale persista e perfino si aggravi. In questo caso si può indurre un cambiamento all’interno della stessa logica che ha generato il problema, e frequentemente consiste nel fare esattamente il contrario: se il problema sono le scorpacciate di cibo di una bulimica, il cambiamento consisterà nel fare una dieta stretta e non tornare a mangiare fino al giorno successivo. In un certo senso è la logica del buonsenso che prescrive di compensare una deviazione con una condotta opposta. Si tratta, evidentemente, di un meccanismo di retroazione negativa, che cerca di neutralizzare le deviazioni sintomatiche.

Il circuito ABCA è caratteristico dei comportamenti di resistenza al cambiamento poiché, per definizione, la retroazione negativa cerca di ritornare ad una situazione originale, il che permette alla bulimica di tornare a ricominciare il suo ciclo di abbuffate.

Il secondo tipo di cambiamento (2) (circuito ABCD) invece, colpisce i parametri stessi del sistema, cambia la struttura e ricorre a soluzioni che contraddicono il buonsenso. Così, attraverso interventi paradossali, invece di suggerire alla bulimica che faccia una dieta stretta, gli si suggerisce che non faccia alcuna dieta, o che continui a mangiare quanto vuole, etc.; cioè, si cerca di amplificare la deviazione mediante una retroazione positiva. Benché sia oggetto di discussione, si suppone che tali interventi possano produrre un cambiamento in brevi periodi di tempo. La scuola di Palo Alto sostiene che questi cambiamenti sono accompagnati da una ristrutturazione cognitiva: la prescrizione paradossale deve essere comunicata alla famiglia della paziente bulimica nel suo proprio linguaggio, ricorrendo al suo proprio modo di concettualizzare la realtà, il che ovviamente esige una certa capacità di adattamento del terapeuta al punto di vista familiare.

Nella misura in cui la famiglia può passare dal cambiamento (1) al cambiamento (2), potrà risolvere efficacemente il suo problema, passaggio che si deve verificare nel punto di biforcazione, in cui l'intervento del terapeuta ostacolerà la persistenza del ciclo verso A, e farà sì che possa essere altresì deviato verso B.

Nel punto di biforcazione non troviamo sempre un intervento terapeutico, e qui portiamo due esempi:

a) un avvenimento come la morte di un familiare forza l'individuo a scegliere tra due strade alternative:

verso A, nel qual caso neutralizzerà la perdita negandola, e seguirà normalmente la sua vita senza nessun dolore. Questo implica retrodatarsi alla situazione anteriore alla morte, per recuperare l'equilibrio originale;

verso D, dove l'individuo soffre una destrutturazione momentanea, la sua vita sembra entrare nel caos, ma può uscire vantaggiosamente ristrutturato dalla crisi.

b) il secondo esempio sono le cure spontanee, con le quali l'individuo, o la famiglia, evolvono verso D senza terapia alcuna. Molte volte questo evento è frutto del caso, ma normalmente vi è una forte componente soggettiva: il terapeuta può attribuire alcuni esiti al suo intervento terapeutico, ed i successi avvenuti naturalmente al semplice caso.

La retroazione positiva può essere altresì vantaggiosa, per esempio quando notiamo che la stessa attività dell'essere umano facilita l'incontro rischioso con stimoli che lo destrutturano, raggiungendo solo successivamente una conformazione più complessa e più adattativa. La vita è cioè un continuo riequilibrio che conduce al cambiamento, a nuovi squilibri, e così via, ed in questo tragitto l'essere umano continua a compiere il suo piano evolutivo. Allo stesso modo, una famiglia in terapia che si destrutturi è all’inizio un buon indicatore del procedere nel processo di cura. Da questo deriva una delle tecniche impiegate in terapia sistemica, soprattutto dalla scuola di Minuchin, ossia il disequilibrio.[10]

Questo consiste essenzialmente nel fatto che il terapeuta realizzi un'alleanza intensa tra lui stesso e qualche sub-sistema della famiglia, per esempio con la madre od il figlio, al fine di obbligare la famiglia ad una ristrutturazione dei suoi limiti (percorso verso D). In questa maniera, il terapeuta crea le condizioni affinché la famiglia del paziente freni la sua tendenza omeostatica verso A, ossia la tendenza verso il non cambiamento.

Ma la retroazione positiva può essere anche dannosa, come quando due persone interagiscono in modo tale che continuano a squilibrarsi sempre più, potendo arrivare potenzialmente ad una situazione pericolosa per le loro rispettive integrità, come succede nelle scalate simmetriche e complementari descritte da Watzlawick, o nei comportamenti interattivi che Bateson ha incluso sotto la denominazione di fenomeni di schismogenesi[11]. È, ad esempio, il caso della persona che insulta l’altra ed a sua volta questa, invece di raffreddare la situazione ritornando all'equilibrio anteriore, risponde insultando a sua volta il suo interlocutore e così via, fino ad arrivare, per retroazione positiva, ai limiti pericolosi a cui facevamo riferimento.

Vediamo un ultimo esempio in cui la retroazione negativa possa essere vantaggiosa, esempio che ci fornisce la pratica terapeutica sistemica. Una volta che una famiglia ha completato il suo processo di cura, è sufficientemente strutturata affinché qualunque stimolo disequilibrante (una morte, una malattia) non· la precipiti in una nuova crisi che si trasformerebbe in motivo di una nuova consultazione. La famiglia soffrirà indubbiamente uno squilibrio, ma si trova nelle condizioni di neutralizzare le deviazioni per retroazione negativa e può ritornare allo stato di equilibrio, come lo chiama Watzlawick[12], cioè a quello stato che ha potuto raggiungere mediante la psicoterapia.

 

[1] Galimberti U., Dizionario di Psicologia, Garzanti, Milano, 1999, p.257

[2] Freud S. , Al di là del principio del piacere, Bruno Mondadori, 2003

[3] Horstein L. , Cuerpo, História, Interpretación, Ed.Paidós, Buenos Aires, 1991

[4] Horstein L. , Historia, azar, determinismo: hacia un nuevo paradigma , en “Práctica Psicoanalítica e Historia”, Ed Paidós, ·Buenos Aires, Cap. 3

[5] Langlands Neves S., Materia vivente e sistemi pensanti - pensiero e processo psicoterapeutico a partire dall'opera di Bion. Dattiloscritto

[6] Bocchi G - Ceruti M., Disordine e costruzione. Un'interpretazione epistemologica dell' opera di Jean Piaget, Feltrinelli, Milano, 1981

[7] http://www.societyforchaostheory.org/

[8] Freeman W. J. , Come pensa il cervello , Ed.Einaudi, Torino, 2000

[9] Watzlawick P. , Beavin J. H. , Jackson Don D. (1967), Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971

[10] Minuchin S. (1974), Famiglie e terapia della famiglia, Astrolabio, Roma 1976 .
Minuchin S., Rosman B.L. e Baker L. (1978), Famiglie Psicosomatiche, Astrolabio, Roma,1980.

[11] Bateson G. , Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1977, p. 105

[12] Watzlawick P. , Beavin J. H. , Jackson Don D. (1967), Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971

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